Pubblicato su politicadomani Num 92-93 - Giugno/Luglio 2009

Libero e forte
Vita e ideali di Don Luigi Sturzo

Teatro, impegno e passione civile

Il 9 agosto 2009 cade il 50° anniversario della morte di Don Luigi Sturzo, uomo di Dio. Le manifestazioni per ricordare questa grande figura di sacerdote, scienziato sociale, uomo politico, si susseguono numerose non solo in tutta Italia, a riprova che, come è di tutte le persone veramente grandi, con il passare del tempo, la sua figura non sbiadisce ma emerge sempre più nitida, sempre più significativa, sempre più compresa, sempre più attuale.
Noi abbiamo voluto ricordarlo con una rappresentazione teatrale, incoraggiati dal successo che ebbe, qualche anno fa, una analoga rappresentazione in Duomo, pure da noi promossa, dedicata al pastore luterano della Chiesa confessante Dietrich Bonhoeffer. Al di là delle differenze vi è un legame profondo tra la figura del grande sacerdote siciliano, morto quasi novantenne dopo una vita ricchissima di esperienza e di attività, e la figura del giovane pastore tedesco assassinato dai nazisti non ancora quarantenne. Entrambi avevano posto al centro della loro vita e della loro azione la Sequela di Cristo. È questa la stella polare che li guida sempre, ed alla luce della quale entrambi impostano tutti i problemi, religiosi, morali, civili, politici. Così entrambi respingeranno da subito, con forza, il fascismo ed il nazismo, senza le incertezze ed i tentennamenti che molti altri ebbero; e ciò non tanto per motivi politici ma perché questi regimi erano nelle loro fondamenta, in conflitto inconciliabile con il pensiero cristiano.
Abbiamo voluto ricordare la figura di Don Sturzo attraverso una rappresentazione teatrale, perché il teatro ha una capacità di sintesi e di coinvolgimento che altre forme di comunicazione non hanno. Ed anche perché potremo replicare la rappresentazione in molte altre città. Già ci sono prospettive per Napoli, Roma, Catania, Torino.
Sturzo è tante cose: filosofo, sociologo, profondo economista, amministratore pubblico, politico tra i più importanti del novecento italiano. Ma egli è soprattutto un sacerdote, intenso, totale, dedicato alla Sequela di Cristo e di rigorosa obbedienza e fedeltà alla Chiesa, anche quando questa lo fa soffrire.
La rappresentazione cerca di cogliere i passaggi fondamentali della ricchissima vita di Don Sturzo. Egli fu prosindaco della sua Caltagirone dal 1905 al 1920 (cioè dai 36 ai 49 anni), ma aveva iniziato dal 1897 (a 26 anni) a organizzare l'impegno municipale dei cattolici a Caltagirone intorno ad un programma civico e dando prova di competenza economica e amministrativa strabiliante. Don Sturzo diceva: chi non conosce la mia attività di prosindaco non può capire niente della mia successiva attività politica. In effetti la sua opera come prosindaco fu di tale importanza che alcune delle cose che lui realizzò restano, ancora oggi, un miraggio per città come Milano e altre città. La sua azione e il suo pensiero di municipalista varcò i confini di Caltagirone e della Sicilia e, saldandosi con impostazioni altrettanto avanzate che a Milano erano portate avanti soprattutto dai socialisti ed alle quali lui (non socialista) guardò sempre con grande interesse, impostò un nuovo ruolo del Comune come soggetto attivo di sviluppo, che diventerà riferimento prezioso dopo la caduta del fascismo e dei podestà ed ancor più dopo l'elezione diretta dei sindaci. Riflettendo su cosa è e su cosa deve essere, ancora oggi, un Comune, nessuno può prescindere dal pensiero e dall'azione di Don Sturzo.
Poi viene la fase dell'organizzazione del partito dei cattolici a livello nazionale, la fondazione del partito popolare del quale fu primo segretario, il superamento delle segregazione dei cattolici dalla vita politica (che la storico Chabod ha definito uno degli eventi più importanti della vita politica italiana del '900), il famoso appello a tutti gli uomini liberi e forti del 18 gennaio 1919. Anche in questa fase i legami di Sturzo con Milano furono molto intensi soprattutto con l'arcivescovo di Milano, Cardinale Andrea Carlo Ferrari, con il quale esisteva una grande sintonia, essendo entrambi seguaci del pensiero filosofico e sociale di Leone XIII, e una grande amicizia e che molto lo incoraggiò ed aiutò.
Ma ben presto si entra nella nuova fase dello scontro durissimo, perché di principio, con il fascismo. Mussolini, che se ne intendeva, dichiarò subito essere Don Sturzo il suo più grande vero nemico. Dopo il durissimo discorso di Don Sturzo all'assemblea del partito popolare di Torino del 20 dicembre 1922, nel quale Don Sturzo dichiarò l'inconciliabilità assoluta tra i principi del fascismo ed i principi cristiani ai quali si ispirava il partito popolare, tutte le porte si chiudono. Don Sturzo è costretto a lasciare la carica di segretario del partito popolare il 10 luglio 1923, Farinacci lo definì: "immondo prete di Caltagirone, reietto della nostra stirpe, figuro di cui sentiamo rossore per saperlo nato cittadino italiano" e chiese che lo si obbligasse a svestirsi dell'abito talare. Pio XI fece un discorso nel quale invitò i sacerdoti a limitarsi ad esercitare la propria missione di carità e, in attuazione di tale direttiva, il segretario di stato inviò a tutti i vescovi una circolare riservata nella quale si invitava i sacerdoti ad astenersi dalla collaborazione a giornali di qualsiasi colore. Don Sturzo era zittito. La Civiltà Cattolica suggerì di sconfessare apertamente Don Sturzo ed il partito popolare. Ricevette minacce e dal giugno al settembre 1924 visse in stato di semiclandestinità.
Il 25 ottobre 1924 partì per l'esilio, prima in Inghilterra e poi negli USA, da dove ritornerà dopo ventidue anni, il 27 agosto 1946. Inizia una nuova fase della sua vita, vissuta in difficoltà e ristrettezze, tutta dedicata allo studio, al pensiero, agli scritti. Molti dei suoi scritti più importanti sono di quel lungo periodo. Ma è anche una fase che lo fa crescere sul piano internazionale, nella visione dei problemi del mondo, nella conoscenza del mondo, che lo fa conoscere come grande ambasciatore dell'Italia migliore e profeta della pace e dell'ordine internazionale.
Quando ritorna nel 1946 ha 75 anni e molti, anche dei suoi amici ex popolari ora confluiti nella democrazia cristiana nella quale Don Sturzo non si identificò mai, confidano che la vecchiaia freni la sua voce severa. Ma la sua voce, invece, risuonerà ancora, alta, libera e forte, sino al 9 agosto 1959. È la sua ultima grande battaglia contro la partitocrazia, lo sperpero di denaro pubblico, la corruzione, che caratterizzano l'ultima fase della sua vita. Ma poiché questi tre mali, che lui chiama le tre male bestie, fanno comodo a molti, egli vive quello che è stato giustamente chiamato un "secondo esilio", fatto di ignoranza e di isolamento. Da molti fu definito un sorpassato, ma era solo davanti a tutti. Come lo è ancora oggi, davanti a tutti, soprattutto in un Paese, come il nostro, che sta affondando in una gestione che dal conflitto di interessi è ormai passata ad una gestione privata e padronale del potere pubblico. Per questo la sua voce è ancora così attuale, come attuale è l'impegno, la speranza, l'ottimismo che non lo lasceranno mai. Per questo siamo impegnati a diffonderla e farla sentire.

[La pièce teatrale verrà pubblicata in un volume con DVD da: Edizione Studio Domenicano]

 

 

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